News...Notizie sulla natura direttamente dalle escursioni di Artemisia |
Gorgo del Drago (Godrano) | Monti di Palazzo Adriano |
Sperlinga e Nicosia | Isole Eolie |
Madonie | Corleone |
Neviere | Iblei |
GORGO DEL DRAGO (Godrano) Il sentiero allinterno del Bosco della Ficuzza attraversa almeno due associazioni vegetali diverse tra loro: il querceto dominato da alberi di roverella e quello dominato dalla sughera qui in talora in maestosi esemplari. Nel sottobosco prevale la ginestra spinosa accompagnata da pungitopo, euforbia e macchie di ciclamino; le ghiande delle querce offrono qui un abbondante nutrimento per molti animali mentre i cespugli del sottobosco offrono un efficace riparo durante il riposo diurno. È possibile osservare sui rami degli alberi le così dette galle, protuberanze rotondeggianti formatesi in seguito alla puntura di insetti imenotteri. La galla ospita infatti la larva dell'insetto.La pineta è invece caratterizzata dalla quasi totale assenza di sottobosco che non riesce ad attecchire sul tappeto di aghi morti che ricopre il terreno e non riceve luce sufficiente. Anche questo ambiente offre una buona quantità di cibo agli animali selvatici (soprattutto roditori) che si nutrono di pinoli. Se si è fortunati e si sta bene attenti è possibile ascoltare il ritmico tambureggiare del picchio rosso maggiore che con il suo frenetico lavoro rende palese la sua presenza. Si giunge dunque al Gorgo del Drago, uno stagno basso-montano (altitudine m 854 s.l.m.) dalla forma sub circolare, poco profondo e lungo circa 100 m, in condizioni di piena primaverile; viceversa dopo la stagione estiva è asciutto. Giungendovi colpisce il contrasto ambientale tra il terreno brullo che circonda e contiene lo specchio dacqua e lalta cinta arborea dei boschi di pini e querce che pressa compatta tuttintorno. Un tempo quasi tutta questarea era ricoperta dacqua che arrivava a lambire la peschiera, costruzione che il Re Ferdinando IV di Borbone utilizzava per trascorrere il tempo libero pescando nello stagno e allevando egli stesso i pesci in vasche adiacenti per ripopolarlo. Sembra che quando lo specchio dacqua godeva ancora di buona salute vi vivesse lululone a ventre giallo, un anfibio simile alla rana dalla particolare colorazione. Anche la vegetazione un tempo era lussureggiante lungo le coste del Gorgo: pioppi, olmi, salici, canne di palude, felci creavano lhabitat adatto a molti animali acquatici. Oggi gran parte della zona è ricoperta da un fitto manto erboso, interrotto di tanto in tanto da ciuffi di giunco e cespugli di felce. Anche lo specchio dacqua non conosce più gli antichi splendori tanto che nelle stagioni più asciutte si riduce ad una pozza fangosa di pochi metri. Anche se il paragone con il passato ci costringe a ridimensionare il valore di questo sito naturalistico, ambienti di questo genere sono comunque di enorme importanza per lequilibrio dellecosistema circostante: basta infatti una piccola quantità dacqua che perduri durante la primavera e linizio dellestate per consentire la riproduzione di anfibi ed insetti parzialmente acquatici come il rospo e le libellule, voraci predatori degli insetti del bosco.GOLE DEL DRAGOFiume Belice Sinistro) Le Gole del Drago si formano per erosione fluviale di un terreno roccioso attraversato dal Fiume di Frattina, denominazione del tratto superiore del Belice Sinistro che ha qui le caratteristiche di un torrente, con forti pendenze e alveo profondamente scavato fra le rocce calcaree. Nel tratto superiore del percorso che seguiremo, potremo osservare le varie forme di erosione prodotte in un continuo scavo millenario: pareti rocciose verticali, marmitte di erosione e salti di roccia dove lacqua forma pittoresche cascate; in quello inferiore, dove il terreno ha una pendenza minore e dove luomo nel passato ha posto degli argini per smorzare la furia delle acque e proteggere così i mulini costruiti un po più a valle, si formano dei suggestivi, minuscoli, laghetti immersi nella vegetazione fluviale. Le marmitte sono una sorta di pentoloni di roccia calcarea originatisi a causa dellerosione provocata dai ciottoli bloccati fra le rocce e costretti a turbinare con lacqua delle piene. Le Gole del Fiume Frattina rappresentano un ambiente assai raro in Sicilia, grazie alla particolare conformazione del terreno si viene a creare allinterno dellalveo un ambiente molto differente da quello circostante: la costante umidità consente il prosperare di essenze botaniche quali la tamerice, il salice, la lenticchia dacqua e la canna di palude. Sulle pareti a strapiombo che formano la gola, invece, crescono rigogliose le felci che prendono il posto in successione dei fichi dIndia e dellampelodesma che formano la tipica vegetazione rupestre subito al di fuori della gola. La presenza dellacqua, oltre a consentire la riproduzione e la sopravvivenza di anfibi, insetti e altri invertebrati acquatici, rappresenta una fondamentale fonte di vita per la fauna selvatica circostante che vi si reca per labbeveraggio e la propria pulizia. Sopra i campi limitrofi alla gola e facile imbattersi nel volteggiare di poiane e gheppi, uccelli rapaci che scrutano il territorio in costante ricerca di una preda. Fino a non molti anni fa, quando le gole conservavano ancora la propria integrità, le ninfee prosperavano lungo il torrente, così come i granchi di fiume e soprattutto la tartaruga palustre erano ospiti abituali di queste acque. GOLE DEL TORRENTE CORLEONE E CASCATA DELLE DUE ROCCHE Il Torrente di Corleone, affluente di sinistra del Fiume Belice Sinistro, prima di entrare nel paese da cui prende nome, attraversa un terreno di rocce calcaree (calcareniti glauconitiche) che ha scavato nel corso dei millenni formando un breve, tortuoso canyon fra alte pareti stratificate. Il canyon denominato Gole del Torrente Corleone, termina nel punto in cui lalveo del fiume fa un salto di oltre 10 metri, formando così, nelle stagioni in cui lacqua abbonda, la bellissima e scrosciante Cascata delle due Rocche con alla base un laghetto. Lambiente di cascata presenta delle peculiarità del tutto uniche. Lacqua infatti, colpendo violentemente e costantemente la roccia viene nebulizzata, determinando una saturazione completa dellaria circostante. Di questo fenomeno ne godono spesso alcune piante come le Briofite (muschi) e le Pteridofite (felci) che, appartenendo a gruppi vegetali arcaici, non si sono del tutto riscattati dallambiente acquatico. Queste piante infatti necessitano sovente della presenza dellacqua affinché i loro gameti si possano incontrare e quindi consentire la riproduzione della specie. Anche le alghe dacqua dolce trovano sulla superficie costantemente bagnata della roccia, ma comunque a contatto diretto con laria, un substrato ideale alla proliferazione Torna all'inizio |
Monti di Palazzo Adriano Il Bosco di Sant'Adriano, nel cuore dei Monti Sicani, occupa gran parte del versante occidentale dei Monti di Palazzo Adriano, versante che digrada dai 1.220 m della vetta del Pizzo Gallinaro ai 220 m dell'alveo del Fiume Sosio. Questo digradare, però, non è regolare, ma vario e articolato, con pendii più o meno inclinati, con altopiani a bosco o a pascolo, con creste e speroni rocciosi. Una conformazione del terreno, quindi, aspra e diversificata che offre una incredibile serie di habitat a piante ed animali. Le caratteristiche ambientali del territorio ne hanno favorito l'inserimento in una fra le più importanti riserve naturali della Sicilia, quella dei "Monti di Palazzo Adriano e Valle del Sosio", che, estendendosi ai circonvicini territori include altri interessantissimi aspetti, primo fra tutti quello scientifico per la presenza di alcuni massi calcarei ricchi di fossili vegetali ed animali, fossili che fanno datare gli stessi massi al Permiano, ultimo periodo geologico dell'Era Primaria: si parla di un periodo compreso fra 280 e 225 milioni di anni fa. Inoltre i monti della riserva sono costituiti da calcari compatti appartenenti al Trias medio, alcuni affioramenti dei quali sono rarissimi in Italia. Il Trias o Triassico è il primo periodo geologico dell'Era Mesozoica o Secondaria, quindi il periodo che segue temporalmente al Permiano e che va da 225 a 190 milioni di anni fa. Altro importante aspetto della riserva naturale è quello idrogeologico per la presenza del Sosio, un piccolo fiume lungo appena 52 km, ma che porta tanta acqua da rendere il montagnoso territorio sicano un isola felice nel contesto di una Sicilia occidentale piuttosto arida: oltre ai 3 laghi artificiali realizzati nel suo bacino va menzionato l'acquedotto di Montescuro che fornisce acqua dalla provincia di Caltanissetta a quella di Trapani. Il Sosio, nel tratto che attraversa la riserva naturale, offre interessanti aspetti geologici e ambientali formando spettacolari gole fra pareti a strapiombo e speroni rocciosi. Non vanno dimenticati infine i segni che l'uomo ha lasciato in questo territorio: mulattiere, ponti, fattorie, mulini, castelli; segni discreti, sparsi nella vastità del territorio ed ora consumati dal tempo fin quasi a scomparire. Vi sono anche due santuari. Il Santuario di Rifesi, del XII sec. nell'omonimo bosco dagli enormi esemplari di roverella e il Santuario di Sant'Adriano, purtroppo in rovina, meta della nostra escursione. L'estrema varietà del territorio ha determinato un altrettanto ricco differenziarsi del patrimonio botanico e zoologico: i boschi naturali della zona sono rappresentati da estesi querceti a Leccio e Roverella con ricco sottobosco che un tempo si estendevano alla maggior parte dei monti Sicani. Questi querceti sono sovente accompagnati da essenze botaniche arbustive quali il corbezzolo, il terebinto e il biancospino che, con la loro presenza, contribuiscono ad arricchire il valore naturalistico di questa zona. Presenti in quest'area anche zone di rimboschimento, soprattutto a Pino domestico, Pino d'Aleppo e Cipresso ma anche a Eucalipto, presenze esotiche nel nostro territorio. In quelle aree in cui il bosco è scomparso del tutto ormai da tempo a causa della storica attività antropica e che non vengono utilizzate per la coltivazione di olivi, mandorli, peschi e viti, troviamo una successione di ambienti che vanno dalla macchia alla gariga alla prateria. Tutti questi aspetti ambientali fanno si che all'interno dell'area interessata alla Riserva dei Monti di Palazzo Adriano e della Valle del Sosio possa essere ospitata una grande varietà di animali selvatici. Proprio la presenza del Sosio, uno dei pochi fiumi Siciliani caratterizzati dalla presenza continua di acqua, permette la possibilità di nidificazione al Merlo acquaiolo, molto raro nell'intera Isola. Ancora più rara è la presenza dell'Aquila del Bonelli, la cui esistenza è strettamente legata alla popolazione del coniglio selvatico, e del Nibbio Bruno, mentre più cospicua è la presenza di falconiformi come il Gheppio, il Falco Pellegrino e il Lanario oltre ai rapaci notturni come il Barbagianni, l'Allocco e la Civetta. I mammiferi predatori sono invece rappresentati dalla onnipresente Volpe, dalla Martora e dalla Donnola. Tutti questi predatori, alati e non, basano la propria sopravvivenza sulle cospicue popolazioni di roditori selvatici , lagomorfi (coniglio e lepre) e piccoli uccelli, che grazie alla varietà e alla ricchezza dell'habitat di queste zone trovano senza particolari difficoltà il nutrimento e il riparo idoneo alla propria riproduzione. Torna all'inizio |
Sperlinga e Nicosìa Escursione del 18-19 novembre 2000 Questo fine-settimana proposto da Artemisia mira a far conoscere, agli interessati turisti-escursionisti che da noi amano farsi accompagnare, un territorio dell'interno della Sicilia, poco frequentato dai grandi flussi turistici, che si estende tra il settore sud-occidentale dei Nebrodi e quello nord-orientale dei Monti Erei, amministrativamente diviso fra le province di Enna e di Messina. Cinque i luoghi oggetto della nostra visita ai quali si può aggiungere un sesto luogo che è quello scelto per trascorrere la notte e per ristorarci nei due giorni di fatiche escursionistiche e turistiche. Si tratta del Motel La Vigneta, 6 km a N di Nicosìa, noto per la ristorazione basata su gustosi piatti della tradizione culinaria locale. Siamo nel versante meridionale dei Nebrodi a quota 835 m s.l.m. Il primo luogo è la meta dell'escursione di sabato 18/11: il Bosco di Sperlinga in territorio geograficamente appartenente alla regione montuosa degli Erèi. Si tratta di un querceto che si estende sul versante orientale del Monte Tiri, m 1.196, principale elevazione di un breve crinale minore che, dal Monte Zimmara, m 1.333, si allunga ad E per circa 4 km, digradando poi nelle valli - che ne delimitano il territorio - del Fiumetto di Sperlinga e del Torrente Mandre; il primo è il nome dell'alto corso del Fiume Salso, affluente di dx del Simeto, tributario del Mar Ionio; il secondo affluisce da dx al Salso 3 km ad O di Nicosìa. L'escursione avrà inizio dalla Masserìa Intronata, m 918, e si snoderà attraverso stradelle e sentieri nel bosco; questo è formato essenzialmente da roverelle (Quercus pubescens) e cerri (Q. cerris), ma sono anche presenti l'acero e il perastro e un vario sottobosco di arbusti e piante cespugliose fra cui il biancospino, il lentisco, la ginestra, la rosa di macchia, ecc.. Il secondo luogo, che visiteremo nel pomeriggio al termine dell'escursione, è la cittadina di Nicosìa, m 724 interessante centro dell'alto Ennese, al limite SO dei Nebrodi. A Nicosìa si parla ancora un dialetto particolare che conserva termini introdotti da gruppi etnici provenienti dalla penisola, principalmente lombardi; tale immigrazione fu favorita dai Normanni nell'XI secolo e proseguì fino al XIII secolo. Da visitare la Cattedrale di San Nicola, le chiese di San Biagio e di Santa Marìa Maggiore e i ruderi del Castello; da assaggiare i dolci della locale pasticceria. La mattinata di domenica è dedicata alla visita di Sperlinga, m 750, piccolo centro a poca distanza da Nicosìa, ma di grande interesse turistico per il singolare Castello costruito dai Normanni con una cinta muraria merlata, che racchiude al suo interno vari ambienti scavati in gran parte nella roccia di un enorme masso arenario, da antichi abitatori della protostoria. L'insieme delle grotte formava probabilmente una regale dimora dei Siculi (XII-VIII secolo a.C.). Alla base del castello sono visitabili anche alcune abitazioni rupestri, ancora usate fino a pochi decenni or sono, che conservano arredi e oggetti di vita quotidiana. Nel pomeriggio, lungo la via del ritorno, si passa nella provincia di Messina attraversando da S a N il settore occidentale dei Nebrodi. Superato il crinale spartiacque sosteremo, dopo una piccola deviazione, sulle rive dell'Urio Quattrocchi, piccolo laghetto montano, soggetto a magre estive, in grado però di garantire la sopravvivenza a gracidanti famiglie di rane e rospi e di dissetare gli animali dei vicini allevamenti e quelli selvatici, compresa una fauna avicola particolarmente varia nel corso delle stagioni. Suggestivo l'ambiente umido soprattutto nella stagione invernale. Lasciato il laghetto, si raggiunge poco dopo il paese di Mistretta, m 900, disteso su un piatto crinale sormontato dall'altura su cui insistono i ruderi del castello a dominio della valle del Torrente Santo Stefano. Antica città, prospera già al tempo dei Greci (Amestratos) e poi dei Romani (Amestratus). Conserva le rovine del castello, la chiesa Madre dedicata a Santa Lucia, le interessanti chiese di San Sebastiano e di Santa Caterina e alcuni palazzetti nobiliari (pal. Russo e pal. Scaduto) che testimoniano la sua importanza anche in epoche più recenti. a cura di Giuseppe Casamento Torna all'inizio |
ISOLE EOLIE Le Isole Eolie o Lìpari sono un arcipelago vulcanico emergente dalle acque marine del basso Tirreno al largo della costa settentrionale siciliana da cui distano mediamente 40 km: l'isola ad essa più vicina, Vulcano, dista 20 km da Capo Calavà. Esse sono la parte emersa di un sistema di rilievi sottomarini che si innalzano da fondali profondi fino a 2000 m; un po' più a N il fondale raggiunge la fossa abissale tirrenica profonda circa 3400 m. Le Eolie sono isole geologicamente recenti, essendo la loro formazione ascrivibile all'era quaternaria, ultima delle ere geologiche, ancora in corso da circa un milione e mezzo di anni. L'arcipelago, formatosi lungo linee di frattura della crosta terrestre, disegna nel mar Tirreno un arco lineare visibile di circa 87 km con estremità l'isola di Stromboli a NE e l'isola di Alicudi ad O; in realtà il rilievo sottomarino si prolunga ad O con altri vulcani e riaffaccia dopo un'ampia depressione con l'isola di Ustica. Un secondo arco, di minore lunghezza va da Stromboli fino all'isola di Vulcano a SE. L'arcipelago, composto da 7 isole abitate, da alcuni isolotti e da numerosi scogli e faraglioni, costituisce un'attrazione turistica di grande rilevanza internazionale: le bellezze naturali, l'archeologia e la storia, l'architettura tipica locale, l'attrezzatura turistica e l'ospitalità della gente, la gastronomia si fondono qui in un unicum irripetibile, creando un'atmosfera particolare tipicamente eoliana. Innumerevoli le bellezze naturali di queste isole vulcaniche, in un contrasto cromatico che vede contrapposti il blu del mare che le circonda e l'azzurro del cielo che le sovrasta, ai colori della terra vulcanica, ora rossa o bruna, ora nera, ora bianca, terra che il clima mediterraneo umido e solare, ha ricoperto della lussureggiante, verde, vegetazione spontanea della macchia mediterranea, che a sua volta colora l'ambiente con le fioriture stagionali, come il giallo della ginestra, il bianco e il porpora dei cisti, il lillà dei fiorellini dell'erica. E poi le forme della natura: le isole coniche con montagne che sfiorano i mille metri, dai versanti ripidi, ora lisci, ora irregolari perché scavati ed erosi dalle scarse acque piovane, dal vento e da crolli e smottamenti del terreno. E le coste, bellissime, contornate da scogli, faraglioni ed isolotti, con grotte scavate dal mare e promontori che in esso si allungano: il giro in barca intorno alle varie isole è una delle cose che maggiormente si consiglia ai turisti. Arduo stilare un elenco delle bellezze naturali, che si allungherebbe a dismisura, ma non possiamo tacere l'incanto o l'emozione suscitati da alcuni luoghi eoliani: la baia di Pollara e l'inviolabile Monte dei Porri nell'isola di Salina, Cala Junco a Panarea, il cratere di Stromboli in intermittente attività eruttiva e quello di Vulcano in costante attività fumarolica, i basalti verticali di Basiluzzo che sprofondano nel mare, le grotte e il faraglione "La Canna" di Filicudi, l'isolotto di Strombolicchio, le montagne bianche di Lipari, il fascino della selvaggia Alicudi. L'isola di Lipari conserva insospettati tesori archeologici e storici, grazie ad una civiltà neolitica sviluppatasi nel 4.000 a.C. intorno al commercio dell'ossidiana, vetro nero vulcanico, di cui l'isola abbonda, che veniva allora usato come arma (punte di frecce) o come utensile (lame di coltelli). Questo commercio rese per secoli Lìpari uno dei luoghi più ricchi del Mediterraneo. L'antica acropoli della città, divenne castello nel Medioevo, e nel Castello, ancora oggi cinto da poderose mura, trova posto il Museo Eoliano, fra i principali musei archeologici d'Italia, che propone al visitatore un percorso preistorico e storico che inizia 6.000 anni fa. Altre importanti tracce archeologiche si trovano nei villaggi preistorici di Capo Graziano a Filicudi e Punta Milazzese a Panarea. L'architettura tipica locale è rappresentata dallo stile eoliano delle case. Esse hanno spesso una forma allungata, che segue il versante montano: il lato ad esso rivolto resta all'ombra, al riparo dalla calura estiva; sul lato opposto, quello che guarda il mare, si apre un terrazzo, simile al patio, delimitato da una serie di colonne cilindriche alternate a sedili in pietra rivolti verso la casa; questo spazio abitativo esterno è ricoperto da pergolato. La gastronomia eoliana, fondamentalmente a base del pesce fresco locale è contraddistinta dalla presenza del cappero, il prezioso aromatico bocciolo, conservato sotto sale, che trova impiego come condimento o ingrediente in numerosi primi piatti e contorni, dalla pasta al pesce, alla caponata, alle insalate, conferendo loro un inconfondibile e accattivante gusto. Ma il prodotto di maggior pregio è la Malvasìa delle Lìpari, il raffinato vino dolce, dal gusto delicato, noto fin dall'antichità come "nettare degli Dei". Il suo costoso procedimento produttivo, si pensi che si ottiene dalla spremitura dei grappoli di uva passa del vitigno omonimo, limita fortemente la quantità, rendendo il vino autentico un prodotto raro e ricercato. Il quadro dell'immenso valore turistico di questo arcipelago è completato dall'attrezzatura turistica, ora al passo con i tempi, in grado di soddisfare le esigenze più svariate dei turisti, che possono qui trascorrere serenamente le loro vacanze dedicandosi alle attività preferite, dalla balneazione allo shopping, ai vari sport acquatici, ai giri in barca, all'escursionismo o anche semplicemente gustando una granita al tavolo di un bar all'ombra del patio eoliano, le cui ampie finestre delimitate dalle colonne, aprono la vista su paesaggi di sogno. VULCANO: STORIA GEOLOGICA E VULCANOLOGICA La storia geologico-vulcanologica dell'isola di Vulcano è recentissima essendo la sua formazione avvenuta nel corso degli ultimi 70.000 anni, un periodo molto breve se si considera che la storia geologica della terra è lunga milioni di anni; secondo le più accreditate teorie degli studiosi in materia, l'isola di Vulcano si sarebbe formata attraverso 6 distinte fasi geologico-vulcanologiche. La prima fase avviene nel corso della glaciazione di Wurm, quindi già in era Quaternaria, quando un primo vulcano emerge dal mare e raggiunge un'altezza di circa 1.000 metri. La seconda fase vede il collasso della parte centrale del vulcano con la conseguente formazione di una grande caldera, che colmata nei millenni, costituisce oggi tutto il settore centro-meridionale dell'isola denomiato Il Piano, attualmente contornato da un orlo di rilievi montuosi che comprendono la massima elevazione dell'isola, il Monte Aria, m 500. Durante la terza fase, circa 13.000 anni fa sul finire della glaciazione wurmiana, si forma, a NO della precedente caldera, un secondo vulcano. Con la quarta fase, 10.000 anni fa all'inizio del periodo geologico dell'Olocene, avviene il collasso di questo secondo vulcano con la formazione di un'altra grande caldera. Successivamente ha inizio la quinta fase con l'elevarsi, all'interno di questa seconda caldera, di un nuovo edificio vulcanico, l'attuale Vulcano della Fossa, che raggiunge un'altezza di circa 400 metri. Infine una serie di eruzioni avvenute in epoca storica, nel II secolo a.C., provoca l'emersione dell'isolotto di Vulcanello a N del Vulcano della Fossa. Il nuovo apparato vulcanico con 3 crateri, il più elevato dei quali misura oggi 123 metri si è congiunto al resto dell'isola soltanto nel corso del XVI secolo. Giuseppe Casamento Bibliografia - TCI - Guida d'Italia, volume SICILIA - 1989 - Luigi Bernabò Brea e Madeleine Cavalier: ISOLE EOLIE - Vulcanologia / Archeologia - Oreste Ragusi Editore. Torna all'inizio |
MADONIE Le Madonìe sono uno dei principali rilievi montuosi della Sicilia. Secondo per altitudine dopo l'apparato vulcanico dell'Etna, il rilievo madonita si può considerare l'unico grande massiccio siciliano, poichè gli altri rilievi presentano una diversa morfologia orografica oppure hanno dimensioni modeste al confronto. Poste al centro della fascia settentrionale dell'isola, chiudono ad O la serie di rilievi che origina dallo Stretto di Messina, dai quali peraltro sono chiaramente separati dalla valle del Fiume Pollina. Il massiccio, delimitato ad O dal Fiume Imera Settentrionale, ad E dal Pollina, spinge a N le sue propaggini fino al Mar Tirreno; a S si affaccia sul territorio collinare del ramificato, alto bacino del Fiume Salso/Imera Meridionale; a SE, oltre l'abitato di Gangi, disteso sul Monte Maronio, e il rilievo denominato Balza Lunga, le Madonìe si collegano all'esteso rilievo montuoso degli Erei. Queste delimitazioni si riferiscono al massiccio roccioso e alle sue propaggini, bacino orografico denominato "Alte Madonie" per distinguerlo dal limitrofo bacino orografico delle "Basse Madonie", altrimenti detto "Pre-Madonie" che si riferisce al territorio oltre la linea Imera Settentrionale/Imera Meridionale delimitato ad O e a SO dal Fiume Torto e dai rami fluviali dell'alto bacino del Plàtani. Con il decreto del 9/11/1989 l'Assessorato del Territorio e dell'Ambiente della Regione Siciliana ha istituito il Parco delle Madonie per la tutela di un territorio articolato che oltre a coprire gran parte delle Alte Madonie sconfina un po' a SO nelle Basse Madonìe fino a lambire gli abitati di Caltavuturo e Sclafani Bagni e ad E oltre il Fiume Pollina, per includere una sottile striscia di territorio nebrodense lungo la sponda destra dello stesso fiume. Il territorio madonita è da tempo meta di studiosi e ricercatori interessati alla conoscenza delle particolari peculiarità ambientali e culturali, che vanno dalla geologia alla botanica, alla fauna e alle attività antropiche. Caratteristiche che sono state ampiamente descritte in numerose pubblicazioni, già nel periodo antecedente l'istituzione del parco, ma in maggior misura in quello successivo. Ed è compito dei gestori far meglio conoscere il territorio per accrescerne l'interesse, con l'obiettivo di far decollare un'economia madonita finora povera e trascurata, ma senza compromettere gli aspetti naturalistici che hanno reso necessaria l'istituzione del parco. Aspetti che noi non possiamo, in questa breve scheda naturalistica, descrivere. Possiamo solo accennare a montagne calcaree alte quasi duemila metri, innevate d'inverno e scavate da innumerevoli doline e altri fenomeni carsici nascosti fra boschetti di faggi nani; ad estesi e fitti boschi, soprattutto querceti, sughereti e castagneti che ricoprono le medie pendici e gli altopiani compresi fra i monti; alle rarità botaniche e faunistiche; ai numerosi paesi disposti quasi a cerchio tutt'intorno al massiccio, ricchissimi di storia ed arte, chiese, castelli, fontane. Un mondo naturale affascinante e talvolta grandioso che la mano dell'uomo non è riuscito a distruggere, anzi nei secoli ha arricchito con i segni dei suoi insediamenti, delle sue attività e della sua cultura. PIANO FARINA E VALLONE FRA PAOLO Il Vallone Fra Paolo è il solco torrentizio scavato dalle acque di scorrimento che scendono dal versante orientale del Monte Quacella alto m 1.869. Esso confluisce a m 1.312 con il Vallone Prato, formando il Vallone Canna che più a valle, ricevendo altri corsi d'acqua, dà origine al Torrente Vicaretto, affluente di sinistra del Fiume Pollina. Piano Farina è invece un piccolo altopiano sulle pendici N del Pizzo Cerasa; è disposto su due livelli ad una altitudine compresa fra i 1.350 e i 1.417 metri, e si affaccia a NO sul sottostante Vallone Canna che qui scorre ad un'altitudine compresa approssimativamente fra i 1.000 e i 1.100 metri. Il nostro percorso inizia al km 25 della provinciale Mongerrati-Piano Battaglia-Petralìa Sottana; ascendendo un piccolo colle boscoso si raggiunge il Piano Farina ricoperto da cespugli di astragalo nebrodense e altre piante basse: di fronte a noi il roccioso Pizzo Canna, m 1.429 al di là dell'omonimo vallone. Ci si inoltra in un bosco di faggi e roverelle, procedendo su sentiero e poi su stradella: si raggiunge il Vallone Pomieri e la contrada omonima. Qui la vegetazione è davvero interessante e varia: oltre ai pomi, che danno nome alla contrada si incontrano annosi faggi ed aceri ed alcuni esemplari di enormi querce pluricentenarie, alla cui ombra vegetano grosse siepi di rovi e arbusti di perastri, biancospini e rose di macchia. Ma la presenza più interessante è data dall'agrifoglio, dalle foglie coriacee di colore verde-scuro, lucide e spinose e dai caratteristici frutti rossi, che qui cresce sia in forma di alberi, sia in forma di siepi che circondano gli alberi alla loro base formando caratteristiche bordure circolari (ricordiamo che è vietato staccare i rametti dell'agrifoglio!). Superato il vallone, si può proseguire il percorso su sentiero in contrada Canna, fra cespugli di pomi e peri selvatici, fino a ritrovare, più in alto, il letto del vallone, ove vegeta imponente un grande esemplare di acero secolare. Giuseppe Casamento Bibliografia - Ente Parco delle Madonie: Nel Parco - Palermo 1992. Cartografia - IGM: tavolette al 25.000 e fogli al 50.000. - AAPIT - Palermo: Carta dei sentieri e del paesaggio 1:50.000, Cefalù - Madonie. Torna all'inizio |
CORLEONE Cascata delle due rocche Il
territorio e l'ambiente. La città e la storia. LA CASCATA DELLE DUE ROCCHE Il Torrente di Corleone, affluente di sx del Fiume Belice Sinistro, prima di entrare
nel paese da cui prende nome, attraversa un terreno di rocce calcaree (calcareniti
glauconitiche) che ha scavato nel corso dei millenni formando un breve, tortuoso canyon
fra alte pareti stratificate. Il canyon, denominato Gole del Torrente Corleone, termina
nel punto in cui l'alveo del fiume fa un salto di circa 10 metri, formando così, nelle
stagioni in cui l'acqua abbonda, la bellissima e scrosciante Cascata delle Due Rocche con
alla base un laghetto. LE GOLE DEL DRAGO Le Gole del Drago si formano per l'erosione fluviale di un terreno roccioso
attraversato dal Fiume di Frattina, denominazione del tratto superiore del Belice Sinistro
che ha qui le caratteristiche di un torrente, con forti pendenze e alveo profondamente
scavato fra le rocce calcaree. Nel tratto superiore del percorso che seguiremo, potremo
osservare le varie forme di erosione prodotte in un continuo scavo millenario: salti di
roccia dove l'acqua precipita formando pittoresche cascate e marmitte di erosione; sono
queste sono una sorta di pentoloni di roccia originatesi a causa dell'erosione provocata
dai ciottoli bloccati fra le rocce e costretti a turbinare con l'acqua delle piene. Nel
tratto inferiore, dove il terreno ha una pendenza minore e dove l'uomo nel passato ha
posto degli argini per smorzare la furia delle acque e proteggere così i mulini costruiti
un po' più a valle, si formano dei suggestivi, minuscoli, laghetti immersi nella
vegetazione fluviale. Bibliografia |
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