I laghetti di Marinello, il pepe dei monaci ed altre piante - testo di Giuseppe Ippolito.
I laghetti di Tindari sono lagune costiere formatesi su una spiaggia a forma di lingua che si protende nel mare in direzione est come se volesse a poco a poco chiudere il Golfo di Patti. La sabbia vi si accumula trasportata da occidente verso oriente dalle correnti dominanti sulla costa settentrionale della Sicilia. A Capo Tindari la costa siciliana tirrenica piega verso sud per formare il Golfo di Patti, creando una zona in cui la corrente perde energia e lascia depositare i sedimenti in sospensione che non è più in grado di trasportare. Il risultato geomorfologico è una freccia litoranea: un cordone emerso di sabbia e ghiaia ancorato da un lato alla terraferma. Lo sviluppo del cordone litoraneo è influenzato dal rifornimento di sedimenti portati a riva dalle fiumare dei Nebrodi ad ovest di Tindari ed è molto variato nell’ultimo secolo in relazione agli interventi umani sugli alvei delle fiumare stesse. Oggi la parte più settentrionale della freccia risulta in erosione tanto che la berma di tempesta, il gradino che si forma sulla spiaggia in occasione delle mareggiate, adesso si trova nei pressi della parete di roccia dove prima crescevano indisturbate annose tamerici (Tamarix africana). All’interno dell’ampia spiaggia della freccia si aprono i piccoli laghetti che variano in forma, estensione e numero in funzione di maree, movimento del sedimento, mareggiate e stagioni. Sono poco profondi e costituiti da acqua marina, vi crescono intorno piante che sopportano forti concentrazioni di salinità come il giunco pungente (Juncus acutus) e diverse cyperaceae, ma apporti d’acqua dolce consentono anche la crescita delle canne (Arundo donax e Phragmites australis). Negli impluvi della piaggia di Marinello, come peraltro in molti altri luoghi costieri con caratteristiche simili in Sicilia, cresce un piccolo ed esile albero: la Vitex agnus castus, una verbenacea con foglie palmate a cinque dita, simili a quelle della Cannabis indica, e fiori azzurri disposti in spighe. Per la superficiale somiglianza delle sue foglie con quelle della marjuana si racconta di piante distrutte dalle forze dell’ordine sotto gli occhi increduli dei locali. Le virtù di questa pianta vanno associate alla ricerca medica che ne documenta l’azione di modulatrice ormonale, con la diminuzione degli estrogeni e l’aumento del progesterone. Per queste caratteristiche è usata oggi soprattutto per il trattamento di disordini ormonali femminili. Il nome specifico di “agnello casto” e quello volgare di “pepe dei monaci” ne suggerisce invece un supposto uso storico come antiafrodisiaco maschile e rimedio per calmare passioni sessuali… La spiaggia di Marinello ospita anche diverse psammofile, piante amanti della sabbia, tra cui il poligono marittimo (Polygonum maritimum), subcosmopolita che cresce prostrata, violaciocca (Matthiola tricuspidata), crucifera dai fiori rosa a quattro petali, asfodelo minore (Asphodelus tenuifolius), liliacea che inizia a fiorire da febbraio, barboncino di Sicilia (Cymbopogon hirtus) ed altre graminacee, l’ombrellifera spinosa Echinops spinosissimus, la leguminosa erba medica (Medicago marina) e una crucifera a rosetta tipica dei litorali: il cavolo di Tournefort (Brassica tournefortii). La flora rupestre annovera invece un endemismo puntiforme, la Centaurea seguenzae e altre specie tra cui vedovina delle scogliere (Scabiosa cretica) e garofano rupestre (Dianthus rupicola). Un vecchio sentiero a tornanti sale dalla spiaggia sul promontorio di Capo Tindari fino a costeggiare l’area degli scavi archeologici per uscire, dopo aver attraversato alcune proprietà, sul piazzale del santuario della Madonna Nera. Lungo questo percorso si può osservare flora esotica naturalizzata di origine centroamericana mescolata armoniosamente con flora mediterranea rappresentata da grandi cespugli di lentisco (Pistacea lentiscus), alaterno (Rahmnus alaternus) ed Euphorbia dendroides. Tra le specie di orgine americana si distinguono le Agavaceae: A. americana, A. americana var. marginata, A. attenuata e le Opuntieae: Opuntia ficus-indica e Opuntia dilleni. Quest’ultima è una cactacea dai frutti eduli simile al fico d’India, sviluppo più modesto, ma areole e spine più forti ed evidenti. E’ chiamata dai locali “u dduppiu” per via delle pale doppiamente spinose. Gli uccelli più facilmente osservabili sono gabbiano reale e cormorano che usano come posatoi le pareti calcaree a strapiombo del promontorio. Sul pianoro sommitale scavi archeologici hanno riportato alla luce una parte dell’esteso impianto urbano romano di Tindari, di tipo hippodameo, con cardini e decumani che si incrociano determinando insulae rettangolari. Soltanto un’insula è stata interamente scavata e consente di osservare le terme, con il forno a legna posto a trasformare l’acqua in vapore ed i canali in terracotta adibiti al trasporto del vapore ai due locali, calidarium e tepidarium, posti in successione a distanza crescente dal fuoco. La parte centrale dello stesso isolato è occupato da ville con peristilio e pavimenti a mosaico, mentre sul decumano medio si aprono alcuni negozi, con la tipica divisione in bottega e retrobottega. Funziona ancora oggi il sistema di gronda per l’acqua piovana. Imponenti sono i resti della basilica, edificio amministrativo originariamente di tre piani, e del teatro costruiti entrambi con grandi blocchi di arenaria locale. I due edifici erano collegati tra loro dal decumano superiore, via principale e accesso alla città. Una curiosità dell’antiquarium sono le statue maschili romane in marmo prive di testa e con un incavo al posto del collo, pare che le famiglie usassero sostituire, allo stesso busto la testa del nuovo padrone di casa anziché rifare tutta la statua. E a proposito di sostituzioni, anche il culto della madonna nera di Tindari, rappresentata da una statuetta lignea bizantina, sostituisce in continuità un precedente antichissimo culto della dea madre e richiama, come nell’antichità, pellegrini da Sicilia e Calabria. Nella transizione tra il mondo pre-cristiano e quello cristiano, spesso è accaduto che culti molto affermati di divinità femminili venissero sostituiti dal culto della madonna, unica importante figura femminile della religione cristiana.
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