cartografia AAPIT Palermo
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Accessi principali all'altopiano
da Piano Battaglia(sud), per un sentiero mal
segnato che sale a tornanti tra faggete e radure fino al Rifugio CAS di
pizzo Scalonazzo. Da qui, guardando ad est, si vede la tomba del cane Argo e
guardando a Nord si vede la cima del Pizzo Carbonara raggiungibile
aggirando alcune doline. Altra possibilità è raggiungere la Battaglietta,
quindi risalire il Vallone Zottafonda e proseguire per Piano della
Principessa.
da Isnello(nord), percorrendo la ripida e
suggestiva Valle Trigna. In cima a questa valle è l'ultimo marcato delle
Madonie raggiungibile soltanto a piedi; da qui si può proseguire verso sud est
per Piano Lungo, oppure per la Valle Pelata fino alla cima del Carbonara
in circa 5 ore di escursione.
da Castelbuono(nord-est), si può salire a Piano
Semprìa per boschi misti, castagneti e leccete. Da qui si può raggiungere
Piano Pomo, dove crescono gli agrifogli giganti, e Cozzo Luminario. Ci si
può anche spingere a Croce dei
Monticelli e proseguire sull'altopiano del Carbonara o lungo la Valle
Pelata fino alle cime.
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L’Altopiano del Carbonara – Madonie
Testo di Giuseppe Ippolito
Un gattopardo di Palermo, il principe Raniero Alliata di Pietratagliata, amava
dedicarsi, oltre che alle sterili scienze occulte, di moda tra i nobili di fine
ottocento e inizio novecento, anche alle scienze naturali. La sua passione in
campo naturalistico erano gli insetti e per aggiungere rari esemplari alla sua
estesa collezione si spingeva a volte fino alle alte cime delle Madonie, allora
poco frequentate e raggiungibili con molte ore di cammino. La fatica degli
appassionati entomologi era ripagata da una straordinaria varietà di insetti,
alcuni dei quali oggi annoverati tra i gli endemismi siciliani. Un lepidottero
ben noto delle Madonie è la Parnassius apollo subsp. siciliae, farfalla
esclusiva delle alte quote, facile da incontrare sull’altopiano del Carbonara
perché la sua rarità è collegata soprattutto alla ristrettezza dell’areale. Le
piante che ospitano la larva di questa farfalla appartengono al genere Sedum e
crescono tra le rocce. Altra farfalla molto bella è la Cleopatra (Gonepteryx
cleopatra), dalle ali mimetiche verde e giallo, che ricorda, quando posata, una
foglia appena ingiallita. La Cleopatra è una farfalla longeva che a volte riesce
a superare l’inverno, allo stadio adulto, rifugiandosi tra le rocce da cui esce
fuori solo in occasione di sole caldo. Il principe avrebbe sicuramente
apprezzato anche uno splendido cerambice, il Morimus asper, color grigio con
sfumate macchie nere sulle elitre, incontrato tra le rocce nei pressi del
Bivacco Scalonazzo. Gli adulti della famiglia dei Cerambycidae si nutrono di
linfa, polline e tessuti vegetali, mentre le larve sono xilofage (si nutrono di
legno) e per diversi anni scavano gallerie nel tronco degli alberi.
Probabilmente per questa specie sono importanti i tronchi enormi e spesso cavi
degli aceri secolari che crescono isolati tutto intorno al rilievo del Carbonara.
Insetti meno conosciuti e meno studiati sono i neurotteri predatori del genere
Raphidia, dalle ali membranose simili a quelle delle libellule e la testa
sospesa su un protorace allungato. Sembra che le larve dei Raphidia vivano
cacciando insetti sotto la corteccia degli alberi. Altri neurotteri cacciatori,
ancora più simili alle libellule, appartengono al genere Libelloides. Le loro
ali sono grandi, in parte trasparenti e in parte colorate di bianco o di giallo,
le antenne sono lunghe e clavate. La maggioranza degli insetti è erbivora e
frequenta i fiori in cerca di polline. I pascoli di quota del Carbonara in
estate sono caratterizzati dai fiori gialli disposti in ombrelle della Cachrys
ferulacea, il cosidetto “basiliscu”, ombrellifera che domina dove la faggeta non
riesce ad insediarsi per l’esiguità del suolo. Questa pianta, insieme
all’Astragalus nebrodensis e ad altre piante (Euphorbia myrsinites, Cerastium
tomentosum, Phleum ambiguum e Artemisia alba), forma una associazione vegetale
detta Cachryetum ferulaceae. Il basiliscu è apprezzate soprattutto dai
raccoglitori di funghi per l’ottimo e pregiato Pleurotus nebrodensis, il cui
micelio necessita delle radici di queste piante. Il fungo è adesso inserito
nella lista IUCN delle specie minacciate dall’eccessivo prelievo. La prateria
fiorisce soprattutto in primavera anche con geraniacee, come il Geranium
pyrenaicum dai fiori blu, cariofillacee a fiore bianco come Minuartia verna e
Cerastium tomentosum e con diverse brassicaceae. Molto piccoli, meno di due
millimetri di diametro, sono i fiori del “nontiscordardime” (Myosotis sp.) che
insieme alle Viola sp. e ad altre piccole piante del genere Valeriana colorano
con discrezione le creste più alte tra le profonde e numerose doline
dell’altopiano. Nei fianchi delle doline, in corrispondenza dell’accumulo di
sufficiente suolo, crescono fitti e contorti arbusti di faggio all’ombra dei
quali incontriamo la Scilla bifolia, una liliacea.
La presenza delle doline ci riporta alla geologia e al carsismo di questo
altopiano: Osservando le rocce grigio chiare si notano numerose e varie forme
fossili tra cui si riconoscono coralli, spugne, gasteropodi e altri organismi
che appartengono ad una cenosi simile a quelle che attualmente ritroviamo nelle
scogliere coralline. E’ l’ambiente marino in cui si sono formati e depositati,
durante il mesozoico, i sedimenti carbonatici che costituiscono le rocce
dell’altopiano. Le rocce carbonatiche sono solubili e una volta emerse dal mare
per movimenti tettonici, subiscono un lento processo di smantellamento ad opera
delle acque meteoriche con la formazione di doline, pozzi, inghiottitoi e
risorgenze. In un massiccio carsico come il Carbonara l’acqua piovana tende a
non scorrere in superficie, ma a scomparire nel sottosuolo percorrendo vie
sotterranee e riaffiorarando dalle sorgenti di bassa quota quando non
direttamente sotto il livello del mare. Le evidenze esterne più spettacolari del
processo di dissoluzione del massiccio sono le doline dell’altopiano, alcuni
pozzi profondi, accessibili solo con attrezzature speleologiche e gli
inghiottitoi che si trovano ai suoi margini. Una delle doline del Piano della
Principessa è sufficientemente profonda e fresca da far si che la neve che si
accumula al suo interno non si sciolga alla fine dell’inverno, ma perduri per
quasi tutta l’estate. Percorrendo questo altopiano capita sempre più spesso di
incontrare i cinghiali o di trovare le evidenze del loro passaggio con i massi
rivoltati e la terra smossa alla ricerca di tuberi e radici. Sulle cime del
Carbonara, oltre ad un gruppetto di daini liberati qualche anno fa, pare vi
siano un grande numero di capre che sono riuscite ad abbandonare gli ovili per
adottare un’esistenza selvaltica. Gli anziani tramandano che un tempo annosi
esemplari di faggio crescevano sull’altopiano e che la maggior parte sono stati
segati e trasportati a valle nel corso delle due guerre mondiali. Esistono
ancora, arruginiti e sparsi sul versante settentrionale ed occidentale del
massiccio spezzoni di grossi cavi di teleferica utilizzata per il trasporto del
legname. Su Pizzo Scalonazzo una tomba ricorda la figura del cane Argo, compagno
fedele di un assiduo escursionista di questi luoghi. Alla morte del cane il
padrone volle erigere in suo ricordo la lapide in marmo con lettere in bronzo
che comincia con “Qui regnò Argo…”.
Cima più alta: Pizzo Carbonara m 1979
Dislivelli: da Piano Battaglia m 350; da Isnello (C.Faulisi) m 1350; da
Castelbuono (Rif.Crispi) m 800
Tempi di cammino: da Piano Battaglia 2 ore; da Isnello (C.Faulisi) 6 ore; da
Castelbuono (Rif.Crispi) 4 ore
Contatti: artemisianet@tin .it; 0916824488; 3403380245
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