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Monte San Salvatore m1912, Madonie, Sicilia.

fioriture, esposizioni e clima

di Giuseppe Ippolito (originale pubblicato su Sikania, numero di giugno 2005)

Monte San SalvatoreScheda tecnica:
Vie d'accesso escursionistico più utilizzate:
- da Piano Noce (ovest) sulla Strada tra Polizzi e Portella Colla, una sterrata lambisce il Vallone Madonna degli Angeli persalire a Piano Iole e la cresta ovest del San Salvatore. Un sentiero si stacca a destra e attraversa il vallone Madonna degli Angeli per risalire il versante settentrionale di Monte Scalone e ancora la cresta ovest del San Salvatore.
- da Contrada Pomieri (nord), una sterrata sale a Portella di Mele, quindi un sentiero in faggeta fa un lungo tornante dalle pendici di Punta dell'Inferno al Cozzo del Filatore per terminare sulla cresta orientale del Monte San Salvatore.
I sentieri sono ben visibili e in parte dotati di segnaletica, quello che parte da contrada Pomieri è anche indicato con vecchio segnavia a vernice gialla a cura del CAI di Polizzi e più nuovo segnavia rosso e bianco del Parco delle Madonie relativo al "sentiero della pace" per il santuario Madonna dell'Alto.
- da Petralia (sud), seguendo il sentiero che dal Punte San Brancato, presso l'ospedale di Petralia raggiunge il santuario Madonna dell'alto. La sentieristica in legno, parzialmente realizzata dal Parco, è inaffidabile perché discontinua.
Itinerario descritto nel testo: Dislivello: m 600 in salita e discesa Tempo di cammino: 6 ore circa.

L’ascesa al Monte San Salvatore, seconda vetta delle Madonie dopo l'Altopiano del Carbonara, è tra i primi percorsi escursionistici, in senso moderno, descritti e documentati in Sicilia. Nel volume “Le Madonie”, pubblicato in occasione della prima edizione della Targa Florio dal Club Alpino Siciliano nel 1906, Fausto Orestano lo propone come trekking di tre giorni, insieme ai monti Mufara e Quacella, partenza dal paese di Collesano e discesa a scelta tra i paesi di Polizzi, Castelbuono, Petralia oppure alla stazione Ferroviaria di Malpertuso. Non c’erano ancora strade carrozzabili per le alte Madonie e la strada che da Collesano sale al Piano dei Zucchi era in costruzione. Il nostro percorso inizia invece da Contrada Pomieri, quota 1300, alle pendici settentrionali del Monte San Salvatore; tra le più belle contrade montane dal punto di vista paesaggistico e vegetazionale, raggiungibile per la strada tra Petralia e Piano Battaglia costruita negli anni settanta. Il nome “pomieri” è dedicato ai portatori di pomi, ovvero i meli selvatici che in autunno fruttificano abbondantemente e ritroviamo sparsi e radi tra freschi boschi di rovere, faggio e agrifoglio, boschi mesofili caducifoglie nelle cui radure verdi crescono il giallo tulipano selvatico (Tulipa sylvestris), i narcisi (Narcissus tazetta) e le romulee (Romulea bulbocodium). All’ombra dei perastri, dei biancospini e delle rose, fioriscono anche le primule, le scille, le peonie bianche e le viole. Attraversata la fiorita contrada Pomieri, il sentiero sale a Portella Mele e attraversa la fitta faggeta fino a Cozzo del Filatore per poi salire ancora, con un lungo tornante, fino alla base della cresta est a quota 1800, tra radure erbose. La zona sommitale è una panoramica cresta di arenarie silicee che si allunga in direzione est-ovest con vista sui Nebrodi, sul massiccio del Carbonara, sulle Petralie e sulla valle dell’Imera. Il versante settentrionale e quello meridionale ospitano ancora faggete: percorse da stradelle forestali quelle a sud, impenetrabili e selvagge quelle a nord. Una piccola Sella collega la cima del San Salvatore (m 1912) all’adiacente rilievo detto Madonna dell'Alto (m 1817), ove sorge un eremo costruito nel 1700, meta di manifestazioni religiose da Petralia sottana. Nella stessa sella sgorga una fontana e da qui un'antica mulattiera scende in due ore a Petralia. Dalla cima si può procedere su cresta verso ovest per scendere dalle pendici settentrionali di Monte Scalone, attraversare il Vallone Madonna degli Angeli e proseguire sui versanti sud e ovest di Monte Quacella, fino a Piano Noce sulla strada tra Polizzi e Portella Colla. Il Vallone Madonna degli Angeli è un intreccio di situazioni interessanti studiate da geologi e geobotanici: un contatto litologico tra i carbonati mesozoici e le arenarie arcosiche oligoceniche interessa i geologi, mentre i geobotanici studiano l'intersezione di areale tra il faggio, il leccio e gli ultimi venti esemplari di Abete (Abies nebrodensis).
La normale successione di fasce vegetazionali, che prevede che il leccio e i querceti cedano il posto ai faggi al di sopra di un intorno dei 1400 metri, sembra solo apparentemente fare eccezione nel Vallone Madonna degli Angeli dove si osserva il leccio (Quercus ilex) spingersi fino a 1800 metri sul versante meridionale della Quacella mentre in alcuni punti del fondovalle, posti al di sotto dei 1500, il faggio (Fagus sylvatica) cresce al suo fianco, ma l'anomalia è apparente perché il leccio, pianta termofila, riesce a spingersi in quota sul versante meridionale della Quacella, che oltre ad essere molto "caldo" per l’ esposizione a sud, è anche ripido e ben drenato tanto da risultare sufficientemente arido dalla tarda primavera all'autunno. Il suolo è scarso ed in forte pendenza e il substrato della Quacella è roccia dolomitica fratturata; per un ambiente così la specie forestale che ha sviluppato i migliori adattamenti è proprio il leccio e, se si osserva attentamente, la linea in cui questo incontra effettivamente il faggio è lungo la transizione tra due versanti opposti che hanno clima e natura geologica diversi. Il faggio domina nel versante esposto a nordovest, fresco e di natura arenacea. Nel vallone Madonna degli Angeli e sui rilievi limitrofi, dove cresce la faggeta, incontriamo anche il relitto dell’associazione vegetale faggio e abete, molto diffusa nell'Appennino. Splendidi esempi sono le Foreste Casentinesi e l'Abetina Reale del Parco del Gigante. In condizioni naturali l'abete (Abies alba) non forma boschi puri, ma cresce in ordine sparso all'interno della faggeta. La stessa situazione che oggi ritroviamo qui puntiforme doveva presentarsi diffusa sui rilievi siciliani nei periodi freschi del quaternario. Sul gruppo degli ultimi ventidue esemplari di abete, che crescono su suolo arcosico (arenarie con quarzo feldspato e miche) insieme al faggio, è stata istituita in Sicilia la specie Abies nebrodensis. L'Abete dei Nebrodi ha iniziato la sua differenziazione dalla specie madre (Abies alba) per isolamento geografico presumibilmente solo dopo le ultime fasi fredde del pleistocene. Il tempo trascorso è stato breve per una speciazione (nascita di una nuova specie) compiuta e i due abeti si distinguono poco. Le differenze di dimensioni, l'aspetto esterno sembrano essere risposte fenotipiche (di interazione tra i geni e l’ambiente) alla maggiore aridità e alla povertà del suolo in cui crescono. Straordinario e insolito del vallone Madonna degli Angeli è il punto dove vivono fianco a fianco il leccio, il faggio e l'abete, sul fondovalle, lungo il sentiero per Monte Scalone, nella zona di transizione tra versanti diversamente esposti dove uno strato sottile di arenarie copre i carbonati mesozoici. L’ultimo tratto dell’escursione è ai piedi della Quacella, anfiteatro di dolomie caratterizzato da ripidi versanti franosi, ghiaioni e conoidi, ricco di flora endemica di brecciaio e rupestre.

Artemisia, società cooperativa a r.l. per il turismo sostenibile e l'educazione ambientale. Via Serradifalco, 119 - 90145. Palermo. Tel. 091/6824488; 340/3380245; E-mail: artemisianet@tin.it Sito: http://www.artemisianet.it

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